Approfondimento circa la regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro - violazione e sanzioni.
A partire dal 04/05/2020, coincidente con l’avvio della cosiddetta “fase due”, si sta ponendo per molti titolari di attività commerciali ed imprenditoriali il problema di capire quali siano le misure precauzionali da adottare per contrastare l’emergenza sanitaria ancora in atto, così proteggendo tanto sé stessi, quanto la propria clientela.
In tale prospettiva, non può non farsi riferimento ai D.P.C.M. del 10/04/2020 e del 26/04/2020, emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, individuato dal D.L. 19/2020 quale autorità competente ad applicare le misure di contenimento di volta in volta necessarie.
Nonostante il D.P.C.M. datato 10/04/2020 dispieghi la propria efficacia sino al 17/05/2020, esso rappresenta ad oggi il cardine da cui partire al fine di comprendere quali misure siano richieste e/o imposte a chiunque voglia riprendere lo svolgimento della propria attività lavorativa.
Invero, tale provvedimento ministeriale richiama espressamente 3 protocolli sottoscritti tra Governo e, rispettivamente:
a. Parti sociali (Protocollo del 24/04/2020 - allegato n. 6);
b. Esponenti del settore cantieristico (Protocollo 24/04/2020 - allegato n. 7)
c. Esponenti del settore del trasporto e della logistica (Protocollo 20/04/2020 - allegato n. 8)
Redatto con la finalità di fornire indicazioni volte a incrementare l’efficacia delle misure precauzionali nella lotta contro la diffusione dell’epidemia di Covid-19, il Protocollo di cui all’Allegato n. 6, definito comunemente “Protocollo Condiviso”, vaglia una serie dettagliata di circostanze rispetto alle quali il datore di lavoro deve intervenire e, conseguentemente, adottare seri e precisi accorgimenti: dalla modalità di accesso dei fornitori alla pulizia e sanificazione dei luoghi di lavoro, dalla gestione degli spazi comuni alla organizzazione aziendale secondo canoni di smart working e gestione dei dipendenti nei locali in cui questi operano.
Considerato che il D.L. 19/2020 ha conferito al Presidente del Consiglio dei Ministri l’autorità per emanare tutti i provvedimenti necessari a contrastare il dilagare della epidemia di Covid-19, conferendo ai suddetti decreti natura normativa, e tenuto conto che l’art. 2, comma 10 del D.P.C.M. 10/04/2020 recita che “le imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali”, deve ritenersi che l’inosservanza dei tre Protocolli, tra cui risalta quello c.d. “Condiviso”, comporti l’applicazione delle sanzioni previste dal D.L. 19/2020, all’art. 4.
Tale disposizione, al primo comma, prevede che “Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all'articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero dell'articolo 3, e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita', di cui all'articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l'utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo”, cui si aggiunge la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o della attività per un periodo compreso tra 5 e 30 giorni - nei casi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa) -.
La severità, ma anche l’importanza a livello preventivo, della sanzione ivi prevista (salvo eventuali profili di responsabilità penale eventualmente accertabili) risulta essere ulteriormente rimarcata dal suo inserimento anche nel D.P.C.M. datato 24/04/2020, il quale, all’art. 2, comma 6, prevede espressamente che, nell’ipotesi in cui non vengano assicurati adeguati livelli di protezione, così violando quanto previsto dai protocolli stipulati, l’attività in questione venga sospesa “fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.
Tale previsione, pur condivisibile in astratto, si pone in aperto contrasto con uno dei principi cardine del nostro ordinamento costituzionale, la riserva di legge.
Rimanendo comunque il D.P.C.M. atto amministrativo, esso non possiede forza giuridica tale da derogare ovvero abrogare una norma avente forza di legge, nello specifico l’art. 4 D.L. 19/2020, risultando quindi quest’ultima l’unica normativa attualmente applicabile in caso di violazione riscontrata dagli organi di vigilanza.
Mascherine e Barriere Parafiato
Da ultimo si procede ad una rapida panoramica su due dei principali strumenti anti-contagio facilmente reperibili ed utilizzabili: le mascherine c.d. chirurgiche e le barriere parafiato in plexiglass.
Quanto alle prime, la loro importanza è stata riconosciuta e consacrata a livello normativo nel D.L. n. 18 del 25/04/2020, il cui art. 16 dispone che “per i lavoratori che nello svolgimento delle loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale, di cui all’art. 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’art. 34, comma 3, del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9”.
Più complessa si presenta la questione legata all’utilizzo delle barriere parafiato quali D.P.I. (dispositivi di protezione individuale).
Ricorrendo ancora una volta all’analisi del Protocollo Condiviso del 24/04/2020, emerge come, al Punto n. 6, sia “comunque necessario l’uso delle mascherine e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie”, nel caso in cui non sia possibile mantenere una distanza interpersonale superiore al metro.
In base a tale disposizione, unitamente a quanto previsto dall’art. 74 D.Lgs. N. 81/2008 che definisce come D.P.I. anche ogni complemento accessorio destinato allo scopo di proteggere il lavoratore - definizione che non contrasta, ma anzi risulta più inclusiva persino di quella comunitaria contenuta nel Regolamento UE 2016/425 -, si ritiene che anche tali barriere possano essere posizionate sui luoghi di lavoro al fine di garantire una maggior salubrità degli stessi.
Da ultimo, va evidenziato poi come, al fine di favorirne l’installazione, sia stato persino previsto dal D.L.n. 18 del 17/04/2020 la disapplicazione, sino al termine dello stato di emergenza - ad oggi determinato al 31/07/2020 - delle disposizioni in tema di marchiatura CE, permettendo l’installazione anche di dispositivi che non rispondono appieno agli standard europei di qualità, purché siano funzionali al loro scopo (con previsione di autocertificazione per produttori, importatori e commercianti dei medesimi in relazione ai requisiti di sicurezza).